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Appalti: incentivi alla progettazione e diritto intertemporale

Le Amministrazioni devono pagare alle proprie risorse interne gli incentivi alla progettazione per le prestazioni previste dalla vecchia disciplina ma escluse, in quanto abrogate, dalla nuova normativa del Codice Appalti?

Gli incentivi alla progettazione nascono come correlati alle funzioni progettuali, in base al principio secondo cui alla predisposizione del progetto, di regola, provvedono gli Uffici tecnici interni alle Amministrazioni, mentre l’affidamento esterno costituisce una mera eccezione.

La materia è stata, tuttavia, oggetto di profondi e repentini mutamenti alimentando incertezze soprattutto per gli appalti a cavallo tra il D.Lgs. 163/2006 ed il D.Lgs. 50/2016.

L’evoluzione normativa

La disciplina di cui agli artt. 92 e 93 del d.lgs. 163/2006 è stata, dapprima, novellata con il d.l. 90/2014 (convertito in l. 114/2014) e, successivamente, modificata dal nuovo Codice Appalti.

In particolare, l’art. 13 del d.l. 90/2014 ha abrogato i comma 5 e 6 dell’art. 92, mentre il successivo art. 13bis, rubricato “Fondi per la progettazione e l’innovazione”, ha aggiunto all’art. 93 del d.lgs. n. 163/2006, una serie di comma fra cui il 7-bis, che, nell’istituire un apposito fondo per la progettazione e l’innovazione, demanda ad un regolamento dell’ente la determinazione della percentuale effettiva delle risorse (non superiori al 2 per cento degli importi posti a base di gara di un’opera o di un lavoro) da destinare alle predette finalità.

Il secondo periodo del comma 7-ter dell’articolo 93 d.lgs. n. 163/2006 demanda al potere regolamentare di ciascun ente la definizione dei “criteri di riparto delle risorse del fondo, tenendo conto delle responsabilità connesse alle specifiche prestazioni da svolgere, con particolare riferimento a quelle effettivamente assunte e non rientranti nella qualifica funzionale ricoperta, della complessità delle opere, escludendo le attività manutentive, e dell’effettivo rispetto, in fase di realizzazione dell’opera, dei tempi e dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo”.

Tale regolamento, nel quale trova necessario presupposto l’erogazione degli emolumenti in questione, ha rappresentato da sempre un passaggio fondamentale per la regolazione interna della materia, nel rispetto dei principi e canoni stabiliti dalla legge, e per tale motivo gli Enti sono tenuti ad adeguarlo tempestivamente alle novità normative medio tempore intervenute.

Con l’avvento del d.lgs. 50/2016 (Codice Appalti), l’intero impianto normativo previgente è stato abrogato e la materia di cui trattasi è stata ex novo regolata dall’art. 113.

Tale disposizione ha abrogato l’incentivo per la progettazione, mantenendolo esclusivamente per altre funzioni tecniche ed, in particolare:

  • attività di programmazione della spesa
  • verifica preventiva dei progetti
  • predisposizione procedure di gara e esecuzione contratti pubblici
  • funzioni RUP
  • direzione dei lavori
  • collaudo tecnico e amministrativo

Pertanto, nella nuova disciplina codicistica, restano esplicitamente esclusi gli incentivi per: progettazione; coordinamento sicurezza in fase di progettazione;  coordinamento sicurezza in fase di esecuzione; ulteriori incarichi (consulenze specialistiche).

La questione controversa

L’art. 113 del D.lgs. 50/16 è intervenuto modificando l’oggetto delle prestazioni incentivabili ed i soggetti coinvolti, di modo che talune attività e qualifiche che prima erano incentivabili ora (dal 19.04.2016) non lo sono più. Sicché il problema interpretativo è relativo alla sorte dell’incentivo per le prestazioni previste dalla previgente disciplina ma escluse (in quanto abrogate) dalla nuova normativa.

I problemi di diritto intertemporale, nel silenzio della legge, vanno risolti in via interpretativa. Sul punto è consentito accedere a due diverse tesi che conducono a risultati opposti, senza che si sia formato sul punto un orientamento assolutamente prevalente.

La prima tesi: si guarda la data di effettivo espletamento dell’attività

Secondo una prima tesi il discrimen temporale andrebbe individuato nel momento di compimento/esecuzione dell’attività oggetto di incentivazione (cfr. parere ANAC 06.09.2017).

Addirittura, la Corte dei Corti Sezione Lombardia, con riferimento al contrasto interpretativo sorto in occasione della novella legislativa del 2014, ha avuto modo di affermare che la normativa applicabile è quella vigente al momento della corresponsione dell’incentivo; e tanto in armonia con il principio del tempus regit actum.

Tale tesi sembrerebbe sposata dalla Sezione delle Autonomie che, in un obiter dictum reso nella deliberazione 18/2016, riferendosi alla disciplina introdotta con il nuovo Codice Appalti, ha affermato: “Queste nuove disposizioni, tuttavia, sulla base dell’articolata disciplina transitoria contenuta negli articoli 216 e 217, troveranno applicazione per le sole attività poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore, ossia il 19 aprile 2016”.

Letta alla luce della tesi in rassegna, l’affermazione della Sezione delle Autonomie sembrerebbe confermare che per i pregressi ed abrogati incentivi alla progettazione si debba far riferimento alla data di effettivo espletamento delle funzioni progettuali; donde, se alla data del 19.04.2016 risultino espletate tali attività ed effettuati gli accantonamenti sul Fondo, il lavoratore avrà diritto al relativo compenso.

Per converso, qualora l’effettivo espletamento della prestazione progettuale risulti affidata sotto la vigenza della precedente disciplina ma portata a termine dopo il 19.04.2016, il compenso non spetterebbe.

La seconda tesi: si guarda il momento dell’approvazione

Secondo una tesi alternativa, qualora si succedano nel tempo disposizioni che diversamente regolino l’incentivazione di talune attività, il discrimine tra le due discipline non è dato dal momento in cui viene compiuto il singolo atto (consistente nell’obbligazione-attività di progettazione), bensì dal momento in cui l’opera o il lavoro sono approvati ed inseriti nei documenti di programmazione (Sezione Ligura, Veneto: 568/2015/PAR, Basilicata: 3/2015/PAR;  22/2017/PAR).

L’iter argomentativo seguito da tali pronunce valorizza il momento “genetico” in cui l’opera o il lavoro sono approvati ed inseriti nei documenti di programmazione, tenuto conto che in tale circostanza sorgerebbero a carico delle parti (lavoratore e datore di lavoro) le rispettive prestazioni di esecuzione dell’opera e pagamento del corrispettivo-incentivo.

Ad ulteriormente corroborare la tesi, si afferma che l’art. 1 comma 1 lett. r) del legge delega n. 11/2016 non ha espressamente vietato l’applicazione della incentivazione precedentemente prevista, essendosi limitata a prescrivere un divieto circa “lo svolgimento contemporaneo dell’attività di validazione con quella di progettazione”.

Il Legislatore, pertanto, non ha qualificato in termini di illiceità il pagamento dell’incentivo per la progettazione, limitandosi a sopprimerne l’erogazione per il futuro, con la conseguenza che la sopravvenienza della nuova disciplina non è di impedimento alla conclusione del programma obbligatorio sorto sotto la vigenza dell’abrogato art. 93 del d.lgs. 163/2006.

Seguendo, pertanto, questa seconda tesi le opere già approvate ed in corso di realizzazione alla data di entrata in vigore del nuovo Codice Appalti, andrebbero ancora remunerate secondo i criteri precedentemente in vigore.

 

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